Cesco Magetti siamo noi
Come già dichiarato, per me le vacanze significano mare e libri, lettura e riposo. Colonna sonora? Lo sciabordio delle onde. Con me ho portato un nutrito fardello di tomi, tanta era la paura di rimanerne sguarnita in una terra straniera francofona e (pertanto) per nulla incline ad assecondare il turista italiano in cerca di letture in lingua madre.
Il primo ad aprire la sessione di lettura intensiva è stato Le ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi, Laurana Editore, 2022, 824 p.
Ho divorato questo romanzo con foga ed entusiasmo come da tempo non mi accadeva; una rivelazione. Non credo di sbagliare nell'affermare che rimarrà negli annali della letteratura. Per quanto mi riguarda, un capolavoro e lo dico con la presunzione di una lettrice accanita con alle spalle una formazione linguistico-letteraria. In questo romanzo ho trovato tutto e credo che l'intenzione enciclopedica fosse proprio nelle intenzioni dell'autore. Una novità realizzata con l'uso sapiente dei temi classici e con una lingua fresca "versatile e mutevole, spesso apparentemente orale ma in realtà letteratissima" (Alessandro Barbero).
Ambientato tra il 1943 e il 1945 con diversi flashback nel 1929 e nel 1933, Ferrovie del Messico narra le imprese -rocambolesche e ordinarie, tragiche e comiche- di Cesco Magetti, membro della Guardia Nazionale Repubblicana di Asti che riceve l'incarico di redigere una dettagliata mappa delle linee ferroviarie messicane. E nasce subito il quesito: ma come è venuta in mente al buon Gian Marco Griffi un'idea tanto assurda quanto meravigliosa? Lo stupore continua e si alimenta ad ogni capitolo, ad ogni pagina. Come sostiene Marco Drago nella postfazione "volendo il libro potrebbe non finire mai"; innumerevoli le citazioni e le contaminazioni, un giardino dei sentieri che si biforcano - per dirla alla Borges- che aprono sempre nuovi scenari senza approdi. Cesco affronta così diverse imprese accompagnato da un mal di denti incessante e dall'idrolitina, sempre presente nel suo tascapane. Tra i tanti personaggi spicca Tilde: tratteggiata con delicatezza e maestria, la donna assume le caratteristiche ossimoriche della fragile tenacia della follia che diventa presenza necessaria. Il lettore e il protagonista, per una sorta di sortilegio generato forse dalla curandera nella terra del Niente tra Montemagno e Casorzo, diventano un tutt'uno. Io sono stata Cesco e ho avvertito quel lancinante dolore al molare; ho vissuto la frustrazione di Magetti nell'arrivare sempre a un passo dal libro chiave (la Hisotria poética y pintoresca de los ferrocarriles en México di Gustavo Adolfo Baz); ho amato Tilde e la sua folle saggezza; ho sofferto per Steno e ho vissuto nel Cimitero (e anche un po' in Sudamerica) con Lito e Mec.
D'altronde, come dice Tilde "essere lirici e ironici è la sola cosa che ci protegge dalla disperazione assoluta".
Grazie Gian Marco Griffi.
Lo leggerò di.sicuro, grazie del tuo resoconto
RispondiElimina