Dentro e fuori, lessico di sopravvivenza
Un dì s'io non andrò sempre fuggendo mi vedrai seduta con il Mac sulle ginocchia a digitare parole in libertà. Mi perdoni il Foscolo per averlo scomodato impropriamente nell'incipit, ma calza a pennello. Pur non condividendone la sorte di esule e senza dover parlare con alcun cenere muto -condizione privilegiata, di questi tempi- credo di provare, come il poeta neoclassico, una sorta di bisogno di solitudine del quale potermi lamentare e financo compiacere. Ho reso l'idea? Rifuggire l'umanità recepita come ostile e gloriarsi dell'isolamento in una torre che però, nel mio caso, d'avorio non è. Essa è stata edificata abusivamente nei gangli cerebrali con materiali di scarto e sebbene sia instabile, senza fondamenta, si piega alle intemperie della vita e si àncora tenace alle insicurezze. Vorrei mostrarmi fiera al destino indossando un sontuoso abito antico; spensierata e sognante, ammiccare con sicurezza all'indirizzo di un obiettivo avido di scatti. L...